Monday, May 7, 2012

Trekking e ascesa dei Monti Rwenzori, cima Margherita



Ho provato a fare una sorta di relazione tecnica delle 2 salite (Margherita e Speke), con alcuni consigli, e accentuando l'attenzione sulle difficoltà, in modo da far capire il tipo di terreno che si incontra. Ovviamente questo è quello che abbiamo trovato noi. In base al meteo e all' innevamento si possono trovare condizioni più o meno difficili. Io però tenderei ad evitare di considerare tutte queste salite come delle semplici passeggiate. Io personalmente non ho avuto difficoltà. Lo dico soprattutto per chi volesse provare a fare alpinismo proprio qui. Non sò quanto un soccorso possa essere efficace, e se ci siano persone competenti.
Come ho detto all'ufficio del parco, una radio per gruppo potrebbe essere una cosa da fare (si potrebbe anche offrire come servizio di noleggio).
Inoltre ho suggerito di tenere un libro-diario di vetta per le guide all'ufficio, in modo che ogni guida, prima di affrontare la salita possa sapere come è stato trovato il ghiacciaio da chi lo ha preceduto, visto che è in continua evoluzione, e di percorrere la via più sicura. Nel mio caso essendo il ghiacciaio dello Stanley completamente asciutto, nella prima parte non c'era una vera traccia visibile, e quindi la guida è andata più o meno a dritto finendo in una zona molto crepacciata e pericolosa. Dopo più in alto abbiamo ritrovato la traccia più sicura che proveniva da sinistra, che abbiamo poi percorso in discesa. Dico questo per evitare che prima o poi non succeda un incidente per una leggerezza.

Una volta il ghiacciaio cominciava poco sopra il Rifugio Helena, a circa 4600m. Adesso dal più elevato rifugio del parco, si deve guadagnare quota prima di entrare sul ghiacciaio e raggiungere cosi lo Stanley Plateau. Per arrivare qui, poco sopra il rifugio, c'è un tratto di rocce appoggiato ma piuttosto liscio, che può diventare molto insidioso con pioggia, neve o ghiaccio. Per agevolare la salita sono state posizionate delle corde fisse, che al momento sembrano in buone condizioni. il ghiacciaio dello Stanley plateau lo abbiamo trovato piuttosto secco, con ghiaccio duro e scuro in superfice, per via delle poche precipitazioni degli ultimi mesi. Non abbiamo usato né ramponi né corda, perchè crepacci non ce ne sono, se non piccole e strette fenditure a nostro avviso non pericolose. Nel dubbio sempre meglio legarsi. Alla fine di questo primo ghiacciaio, in prossimità della stazione meteo posizionata dagli Italiani, si taglia verso destra e, lasciando il ghiacciaio, si comincia a perdere quota su terreno roccioso. Fino a poco tempo fa, si faceva un percorso diretto senza scendere, salendo a dritto sulla spalla roccisa che fa da divisorio tra i due ghiacciai, per poi riguadagnare il secondo ghiacciaio con una scala di ferro che scende dall'altra parte. Adesso, per via del ritiro del ghiacciaio, questa scala penzola nel vuoto, e quindi questa variante diretta non viene più usata. Si è tornati ad usare invece quello che se non sbaglio è l'itinerario originale dei primi salitori. Si perde quindi quota di circa 100m senza grossi problemi, tra roccette e sassi smossi, dove una volta era tutto ghiaccio, e poi si risale verso l'inizio del secondo ghiacciaio, che al momento è quello più impegnativo. Per entrarvi si deve superare una paretina inclinata a 50° di circa 15m, per poi continuare su pendenze nettamente inferiori e da camminata. Abbiamo trovato il ghiacciaio molto asciutto, e quindi in queste condizioni per la presenza di ghiaccio vivo, sono consigliabili buoni ramponi rigidi, e da sconsigliare ramponi ultraleggeri come i modelli da scialpinismo. La prima parte è quella più crepacciata e un pò più ripida. Al momento la via più sicura sembra essere quella che sale seguendo il margine sinistro del ghiacciaio. Nell'ultima parte più in alto i crepacci sono chiusi e non si vedono, la pendenza è inferiore e la via pare essere più sicura. Infine, per guadagnare le rocce finali, si attraversa verso destra il crepaccio terminale, al momento non preoccupante, ma soprattutto si passa sotto un grosso seracco pendente, un pò minaccioso: è meglio quindi farlo velocemente. Le roccette finali conducono senza problemi alla vetta. In conclusione, la scalata della Cima Margherita (5109 metri), per via del ritiro dei ghiacciai, e dell'aprirsi dei crepacci, è da affrontare con rispetto.
Come in tutte le montagne del mondo, si vedono anche qui persone che si improvvisano alpinisti, e che poi distrutti dalla fatica e impacciati nelle difficoltà, finiscono con lo stare troppe ore sul ghiacciaio, aumentando così i rischi legati all'aumento della temperatura nelle ore centrali, e al maltempo. Noi abbiamo impiegato 2 ore e 50 minuti per arrivare in vetta e alle 11.30am eravamo già di ritorno per pranzare. Il giorno prima un gruppo numeroso è rientrato alle 4 del pomeriggio. Si consiglia quindi una partenza verso le 5-6 del mattino, e un allenamento decente. La successiva discesa verso il Rifugio Kitandara è ancora abbastanza lunga.
(di David Orlandi, Febbraio 2012